Match Report U17E vs Ghepard


Basket Ravenna – Libertas Ghepard Bo  50 – 47

Dall’Ara Dario
min.24
pt 2
T2 1/5
T3 0/0
 TL 0/0
PRR 1
P/M  2
VAL -2
Soverini Nicolò
min.21
pt 0
T2 0/0
T3 0/0
 TL 0/0
PRR 4
P/M -4
VAL  6
Cicala Christian
min. 3
pt 0
T2 0/0
T3 0/0
 TL 0/0
PRR -1
P/M  1
VAL -1
Briatore Luigi
min.20
pt 4
T2 2/6
T3 0/0
 TL 0/0
PRR -2
P/M -4
VAL -3
Vecchi Alessandro
min.26
pt 2
T2 1/3
T3 0/1
 TL 0/0
PRR 1
P/M  0
VAL  0
Fabbri Federico
min.31
pt 14
T2 2/9
T3 1/1
 TL 7/14
PRR 1
P/M -3
VAL  5
Di Caro Edoardo non disponibile
Bartolotti Matteo
min.29
pt 9
T2 3/9
T3 0/3 
 TL 3/6
PRR 3
P/M -5
VAL  2
Milio Pietro
min.24
pt 7
T2 1/5
T3 0/0 
 TL 5/10
PRR 2
P/M  7
VAL  4
Montaguti Francesco
min.22
pt 12
T2 4/5
T3 0/0 
 TL 4/8
PRR 12
P/M 10
VAL  20
SQUADRA
pt 50
T2 14/39
T3 1/4
  TL19/38
PRR 21
P/M  3
VAL  31


Quello che i numeri non dicono…

Francesco Montaguti

Una lettura delle stats all’insaputa del risultato non lascerebbe spazio ad alcuna ipotesi di vittoria. Anzi! Abbiamo tirato dal campo col 34%, ai liberi con il 50%, abbiamo realizzato un PRR basso (21) rispetto ai possessi giocati (90), dato che si rispecchia in punteggio (50) e valutazione (31) da minibasket. Se uno vuole proprio divertirsi, si vada a rivedere le stats totalizzate a Medicina: si renderà conto che i totali sono pressoché coincidenti.

E allora? Come si spiega che là si è perso di 25 subendo per 40′ e qua si è vinto dominando la partita molto più di quello che lasci intendere il +3 finale? Anche perché il campionato ci sta dicendo che Medicina (6v/2p) e Ghepard (7v/1p) sono squadre di simile consistenza…
Beh, la risposta è una sola. Dalla parte di chi guarda la partita da fuori si chiama “cuore”: col Ghepard abbiamo giocato col cuore, a Medicina no. Ma da dentro al campo il termine “cuore” è molto più articolato ed è la risultante di più componenti che fanno parte del percorso di sviluppo di un team: prima fra tutte l’intensità, cioé la capacità collettiva di occupare più spazio in campo in minor tempo; una qualità importante in attacco, fondamentale in difesa. Poi l’atteggiamento tecnico uniforme: la capacità di ciascun giocatore di selezionare nel suo repertorio i fondamentali che la squadra gli chiede di applicare in ciascun specifico frangente anziché altri; il modo di difendere sulla palla, di difendere in area, di andare a rimbalzo, l’usare solo in modo mirato il palleggio, lo sviluppo di un elevato volume di gioco offensivo senza palla: questi sono i principali temi di collante che danno identità tecnica alla squadra. Infine, l’atteggiamento tattico: la capacità collettiva di identificare le priorità di gioco, offensive e difensive, e di mantenerle attive nell’arco della partita.
Quindi l’equazione sembrerebbe essere: “cuore” = intensità + atteggiamento tecnico + atteggiamento tattico… no, no, no… manca ancora una cosa: per sostenere intensità e atteggiamento tecnico – tattico si fa una fatica pazzesca! La disponibilità collettiva a sottoporsi a questa fatica pazzesca deve essere sostenuta da una grande forza mentale, dalla volontà collettiva e permanente di non solo sbattersi, ma anche battersi in lungo e in largo per il campo…
Adesso il quadro è un pò più chiaro, e ci aiuta a capire veramente perché contro Ghepard si è giocato col cuore e a Medicina no: non c’entra nulla la volontà dei ragazzi di farlo, che posso garantire era identica. C’entra la coscienza collettiva dei contenuti, che invece è decisamente aumentata. I ragazzi stanno realizzando che fare una fatica pazzesca in campo vale la pena, che sacrificare un pò del proprio ego a sostegno dei temi della squadra vale la pena e che tutto questo permette alla risultante collettiva di esprimere molto di più della somma dei singoli. Ecco il valore aggiunto: il cuore. A Medicina abbiamo prodotto la semplice risultante dei singoli, contro Ghepard siamo andati oltre. Ma questa particolare “esplosione” del team può avvenire solo a determinate “temperature” di gioco, in cui l’esperienza tecnica del singolo giocatore si fonde con l’empatia tecnico-tattica di condividere il flusso del gioco con i compagni. Spesso, esternamente, vengo criticato per la scelta di far giocare le mie squadre prevalentemente (o anche esclusivamente) a zona. I più credono che sia una scelta tattica e strumentale. Non è così: è una scelta tecnica e formativa, finalizzata a permettere che un ampio lavoro sui fondamentali difensivi venga espresso con efficacia anche in assenza dei requisiti di fisicità ed atletismo necessari ad esserlo; ciascuno dei nostri ragazzi potrebbe difendere individualmente sull’attuale avversario diretto solo contenendolo e sperando nel suo errore non procurato. Questo perché non solo siamo sotto età rispetto al campionato, ma anche perché la maggior parte del gruppo deve ancora compiere quella crescita muscolare che porterà i ragazzi a diventare veri atleti. Per costruire un atteggiamento “difensivo-ma-offensivo”, il difendere attaccando l’avversario per portarlo all’errore procurato, ci serve una spinta interiore che vada oltre la coscienza e la resistenza del singolo e che ci permetta collettivamente di sviluppare quell’intensità difensiva che nessuno dei ragazzi, in questo momento, sarebbe capace di sostenere autonomamente, né a livello fisico, né tanto meno a livello mentale. Il nostro sistema difensivo è il team-gym, la palestra di sviluppo della squadra, il “laboratorio” dove raggiungere la giusta “temperatura” di gioco per confrontarci da più deboli e inesperti contro avversari più forti e “pronti”, convinti fino al midollo di poter vincere ogni partita. E se non è “cuore” questo… 
Mauri
(p.s.: uno speciale comitato autoproclamatosi tra il pubblico, ha assegnato a “Monta” il premio di “uomo-partita Sky”; non posso che condividere: della reazione termica che ha acceso la nostra partita, Francesco è stato l’autentico catalizzatore!)
(p.p.s. per Francesco: non ti preoccupare per quello che ho scritto sopra nel p.s., vuole solo dire in altre parole quello che ti ho già spiegato a fine partita in spogliatoio…)    

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