Il Resto del Carlino, 26 agosto 2016: «Vogliamo dare emozioni»
DOPO dieci giorni di lavoro, comincia a entrare nel vivo la preparazione dell’OraSì Ravenna. Sabato sera alle ore 19, gli uomini di Martino ospiteranno Faenza nella prima amichevole stagionale che toglierà definitivamente i veli sul nuovo gruppo giallorosso. Un gruppo rinnovato per sette decimi e piuttosto ringiovanito nel quale un elemento come Alberto Chiumenti rivestirà un ruolo chiave per portare esperienza e malizia laddove queste dovessero mancare durante la stagione. Dall’alto della sua lunga carriera, Chiumenti è sicuramente il più adatto a giudicare a che punto sono i lavori in casa OraSì.
Chiumenti, come sta andando l’ambientamento in questa nuova realtà? «Sono molto soddisfatto perché ho trovato un gruppo composto da giocatori che hanno voglia di migliorarsi e che non si sentono per nulla arrivati, tutti sono pronti a mettersi a disposizione della squadra e per come vedo io la pallacanestro, questi sono i presupposti migliori per cominciare. E’ bene sottolineare una cosa però: questa è una squadra giovane e va giudicata nel lungo periodo perché avrà bisogno di tempo per crescere. Ovviamente ci auguriamo tutti di partire subito forte, ma se questo non dovesse accadere, non bisogna farne un dramma, anche perché la società ha sposato proprio questo tipo di filosofia e coach Martino è un allenatore che ama lavorare sui suoi giocatori e sa come farli crescere».
Lei arriva da una realtà di grande tradizione come Casal-pusterlengo, Ravenna invece sta cercando di costruirsela una tradizione. Qual è l’elemento fondamentale per riuscirci? «Io credo sia quello di trasmettere emozioni a tutto l’ambiente. Quando una squadra ci riesce è già un passo avanti. Trasferire emozioni non va però confuso col semplice vincere, perché ci sono squadre che sanno emozionare ma perdono qualche partita in più e altre che vincono, ma nelle quali è difficile identificarsi. Riuscire ad appassionare la gente va al di la del valore tecnico dei giocatori, ma scaturisce da elementi come l’unione di gruppo e lo spirito di sacrifìcio. La società ha costruito seguendo proprio questi ideali, un gruppo unito, consapevole che ci sarà da lottare, ma anche in grado di divertire e tutto questo è stato realizzato senza compiere il passo più lungo della gamba. Qui a Ravenna ho visto un ambiente sano che mette ogni giocatore nelle condizioni migliori per dare il massimo e per me che sono appena arrivato, questo è il miglior biglietto da visita per una società che intende creare la propria tradizione».
Ha detto che il gruppo è molto giovane. Questo aspetto, che viene spesso percepito come un limite, può trasformarsi in un vantaggio? «Ne sono fermamente convinto e per spiegarne il motivo faccio un esempio. Nei miei sei anni a Casal-pusterlengo sono arrivato in finale con la squadra meno attrezzata tecnicamente e questo è successo perché eravamo un gruppo nel quale tutti avevano voglia di sbattersi un po’ di più per aiutare i compagni» Stefano Pece