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Pos | Team | PTI | V | P |
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RAVENNA. Un’incredibile normalità. Sembra una contraddizione in termini ma per l’Acmar aver toccato quota 20 vittorie consecutive in gare ufficiali potrebbe essere una definizione appropriata. Anche Montecatini, seconda in classifica, si è dovuta arrendere alla legge della capolista mantenendo però in bilico la gara fino agli ultimi secondi. Ma ancora una volta la lettura della partita da parte di Lanfranco Giordani è stata perfetta, schierando il secondo quintetto con i giovani al momento giusto (“mi è dispiaciuto non averlo potuto fare più a lungo” ha avuto modo di dire a fine partita) per poi colpire con i piccoli nella fase calda della gara. In quest’ottica i complimenti maggiori del tecnico sono andati a Stefano Cernivani, 18 punti di cui ben 10 ai liberi (su altrettanti tentativi) proprio grazie alle sue penetrazioni nonostante un colpo al gomito. “E’ stata una battaglia e una partita strana – sottolinea l’esterno triestino – perché a un certo punto Montecatini ha giocato con quattro piccoli con Scarone da pivot e Niccolai ala forte, cambiavano su tutti i blocchi, quindi non è stata neanche facile da leggere perché ci rompevano tutti i giochi offensivi, riempiendo l’area pitturata e noi soprattutto all’inizio abbiamo perso qualche pallone di troppo. Però alla fine siamo stati bravi a portarla a casa anche quando ci eravamo un po’ complicati la vita da soli e Scarone ha messo due-tre bombe di fila”. Per Cernivani un’altra partita “vecchio stile”. “Ho giocato tirando più da due che da tre – conferma Cernivani – un po’ come ho fatto negli ultimi anni prima di arrivare in una squadra in cui ci sono già giocatori come Bedetti, Penserini che sono molto più atleti di me e non si può quindi andare tutti dentro. Ho l’arma del tiro da tre punti e sono sempre pronto sugli scarichi di chi penetra ma contro Montecatini si è visto che c’era bisogno di giocare in maniera diversa, sono andato bene dentro facilmente in tante occasioni, subito falli, e questo credo che abbia sorpreso i nostri avversari”.
Agostino Galegati